Sei in: 

Viaggio nelle tradizioni popolari pugliesi

01/11/2009
La festa del Natale tra luce, fuoco, musica e... squisitezze gastronomiche

Le ciel est noir, la terre est blanche; cloches carillonez gaiment, Jésus est né, la Vierge penche sur lui son visage charmant…: così recitava una poesia che, ai tempi della mia infanzia/adolescenza si mandava a memoria, per recitarla al cospetto dell’intera famiglia (nonni e bisnonni compresi), alla fine del classico ‘pranzo di Natale’, insieme alla letterina indirizzata ai genitori e colma di buoni propositi, debitamente compilata con l’aiuto del maestro.
Natale è, nonostante tutto, la più bella ed attesa festa dell’anno, non fosse altro che per la sua stessa durata; sarà un luogo comune, ma in questo periodo si avverte in modo speciale il calore della famiglia, la vicinanza degli amici e dei parenti, la voglia di solidarietà, insomma l’aria di festa. Le città e i piccoli centri (persino le frazioni) cambiano aspetto, con le luminarie, i festoni colorati, gli alberi illuminati, i campanili e le torri campanarie ornati da comete luminose e non pochi centri ospitano i presepi viventi e la calata dei re magi.
La festa del Natale, oltre che dalla luce (simbolo della vita) è caratterizzata, specie nel nostro Salento, da due elementi-chiave: la musica ed il fuoco.
A Taranto il Natale arriva in anticipo rispetto al Salento; infatti i festeggiamenti cominciano nel giorno di Santa Cecilia (22 novembre), protettrice dei musicisti, a differenza degli altri calendari che lo fanno iniziare il giorno dell’Immacolata (8 dicembre) o di S. Lucia (13 dicembre).
All’alba del 22 novembre i tarantini si svegliano con le note del complesso bandistico “Lemma città di Taranto” , che propone le tradizionali pastorali scritte dai maestri tarantini Giovanni Ippolito, Giacomo Lacerenza, Domenico Colucci, Carlo Carducci etc., ispirati dal fascino di tradizioni ben più antiche che trovano le loro radici nelle melodie suonate dai pastori d’Abruzzo.
Il cibo che i tarantini donavano ai pastori era un prodotto umile e semplice, ma nello stesso tempo gustoso e nutriente; erano delle frittelle di pasta di pane, le famose pettole. Infatti, a partire da S. Cecilia, in tutte le famiglie rispettose della tradizione si confeziona- no le pettole e si offrono ad amici e conoscenti; persino i panifici obbediscono alla tradizione di offrirle gratuitamente ai clienti più affezionati. Accanto alle pettole, ci sono poi altri dolci natalizi tipici: le carteddate, le sanacchiudere e le diente de san Geseppe; in tempi più remoti si facevano anche le fave de zacchere, cioè dolci di pasta reale.
Naturalmente le pettole sono soltanto un preambolo a quella che sarà la mensa natalizia, che secondo tradizione vedrà in abbondanza il consumo di anguille e capitoni (al sugo o marinati o fritti) e di frutti di mare: ostriche, noci, cannolicchi, cozze nere e di S. Giacomo, vongole, tartufi di mare e naturalmente pesce pregiato (spigole, orate, saraghi, triglie) etc. Certo: una volta i mari di Taranto ne producevano di ogni genere e di alta qualità e fragranza; oggi, inquinamento permettendo, le cose stanno diversamente e, prima di consumarli, bisogna affidarsi alla protezione di…S. Cataldo!

Oltre alla musica, dicevo, c’è un altro elemento-chiave che caratterizza il territorio salenti- no: il fuoco. Infatti in molti paesi del Salento si festeggiano i giorni che precedono il Natale con l’uso delle focàre. Le focàre cominciano ad essere accese proprio nel mese di dicembre in coincidenza con le festività natalizie e si rifanno, secondo gli studi più accreditati, ad antichi riti pagani come la “festa di purificazione” o la “festa della luce”. A Parabita (Le) si tengono in occasione di S. Lucia (13 dicembre) e a Seclì (Le) il 22 dicembre, con accompagnamento di “pittule”, “pezzetti di cavallo” e i tipici dolci natalizi.
Da segnalare ancora la “festa del fuoco” che si celebra a Zollino (Le), dove da oltre trent’anni si saluta l’inverno il 28 dicembre attorno al fuoco. Giocolieri, saltimbanchi, cantastorie, accompagnati dal suono di tamburelli e dal ritmo della pizzica, ripercorrono il corso di una storia ancestrale in cui i canti di lavoro si intrecciano con quelli di lotta…
A cercare un connubio con la festa del fuoco l’arte culinaria tradizionale con la famosa sceblasti, una puccia tipica di Zollino, realizzata con impasto di farina di grano lievitata e condita con sale, olio, olive nere, zucchine, pomodori, capperi e peperoncino piccante, e i legumi preparati ‘alla pignata’ proprio come un tempo. Immancabile, a benedirne l’unione, il vino rosso, primitivo o negramaro, che scalda e libera gli animi…
Infine, meritevole di menzione è “La festa de le Panare” che si tiene il 22 dicembre di ogni anno a Spongano (Le) a cura del Comitato S. Vittoria : è una delle manifestazioni popolari più antiche della tradizione salentina. In tale ricorrenza cesti ricolmi di sansa vengono fatti bruciare lentamente, dopo essere stati trasportati su carri appositamente decorati per le vie del paese. Tradizione vuole che la combustione di tali cesti simboleggi il rogo del sacrificio di S. Vittoria. La serata poi viene allietata dalla musica e dalla distribuzione gratuita di lupini, tarallini e vino.