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Oggi diamo i numeri

12/09/2014
C’è una domanda che mi frulla per la testa: se nel mondo si beve più vino, significa che sta migliorando? Secondo me si. Perché se il vino, come andiamo ripetendo da tempo è cultura, più si beve, più si è colti!
Naturalmente in questo sillogismo non c’è niente di scientifico ed ognuno può rispondere come gli pare: in fondo, si tratta di vedere… il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto…, secondo il nostro grado d’ottimismo.
Certo è che il consumo di vino sul nostro pianeta aumenta, costantemente e senza picchi fuorvianti, di anno, in anno passando dai 23,7 miliardi di litri del 2007, ai 24,4 del 2011 e le stime ancora da consolidare degli ultimi due anni fanno immaginare un ulteriore incremento.
Ma dove, il famoso bicchiere, si riempie sempre di più? Citando solo alcuni paesi tra i più interessanti per le immediate prospettive commerciali: USA (+12,7%), Cina (+22,5%), Giappone (+11,6%), Emirati Arabi (+20,3%) e tutta l’area dell’ex Unione Sovietica che va dal +30,3% della Slovacchia, al +1,2% della Russia, passando da un + 27,5% dell’Estonia, +19,1% dell’Ucraina, etc., etc.; anche paesi a maggioranza religiosa mussulmana vanno incrementando significativamente i consumi: oltre ai citati Emirati, per esempio, Nigeria (+32,7%) e Libano (+14,3%).
La vecchia, cara Europa che fa? Sarà l’inesorabile declino culturale, ma il bicchiere va svuotandosi: Italia -5,9%, Spagna -4,2%, Grecia -5,2%, Ungheria -5,2%; solo la Francia resiste con un consolante+3,5%.
Oltre ai consumi diminuiscono le superfici vitate e, di conseguenza (anche per l’esasperata ricerca di qualità), le produzioni. Se confrontiamo i dati del 2003 con quelli del 2012, ci accorgiamo che tra Italia, Spagna e Francia sono “spariti” venti milioni di ettolitri, ma, quasi alla maniera di Houdini, li ritroviamo maggiorati tra Stati Uniti, Cina, Australia e Cile.
Che sta succedendo? Succede che se Stati Uniti e Cina sono mercati di punta per l’export del vino italiano (uno storico e l’altro emergente), è anche vero che costoro si stanno attrezzando e non solo loro, visto che si produce vino nel mondo dove neanche era immaginabile fini a pochi anni fa.
Il dato è confermato dai nostri vivaisti che esportano barbatelle all’estero in quantità tale da dover trascurare, a volte, il mercato locale.
Dobbiamo aver paura? Perderemo fette di mercato e ricominceranno le giacenze?
Non necessariamente, se sapremo ben interpretare i numeri e faremo tesoro dei dati, ma, soprattutto, se ci approprieremo per primi e definitivamente del binomio vino-cultura.
Dove cultura ha il significato antropologico di Bel Paese, di esclusive diversità da regione a regione, di tradizioni, paesaggi, buon cibo, monumenti, storia e di tutto ciò che, nonostante qualche piccolo ultimo scivolone, fa risplendere nel mondo il Made in Italy.
Naturalmente, solo per modestia non dico che il primitivo, in tutto questo, è divenuto il re dei vini, lasciando ad altri il titolo di vino dei re.
Tanto, sono sempre di meno nel mondo ed anche questo è un dato!

I dati sono tratti dal Corriere Vinicolo del 13 gen 2014 – anno 87 n°1