Sei in: 

L’ isola di Sant’Andrea di Brindisi e le sue fortificazioni

25/07/2013
Nel precedente numero di Alceo (dicembre 2012) abbiamo accennato alle condizioni politiche e alle vicende militari che, nei secc.XV-XVI, interessarono lo scacchiere europeo a causa della lotta tra l’imperatore Carlo V d’Asburgo e il re di Francia Francesco I. Questi si era alleato con il Papato, i Veneziani e con l’impero ottomano di Solimano il Magnifico pur di porre un freno all’espansionismo spagnolo nel Mediterraneo. La battaglia della Prevesa (Grecia), avvenuta nel 1538 tra la flotta ottomana, al comando di Khayr al Din, detto Barbarossa, e quella cristiana (Papato, Spagna, Repubbliche di Genova e di Venezia, Cavalieri di Malta), al comando del genovese Andrea Doria, e conclusasi con la sconfitta di questi ultimi, segnò una recrudescenza delle scorrerie di navi corsare e turche nel Mediterraneo. Gli abitanti delle località costiere, in particolare del regno di Napoli, vivevano nell’incubo continuo di essere assaliti, trucidati o fatti prigionieri durante le incursioni. D’altra parte, i miglioramenti avvenuti nelle tattiche e nelle strategie di guerra e la rapida diffusione delle armi da fuoco, imponevano un ripensamento urgente nei sistemi di difesa dei luoghi fortificati, necessari per attenuare la potenza distruttiva delle artiglierie pesanti.
In conseguenza di ciò, il governo spagnolo intraprese una politica su vasta scala di riattamento o costruzione di torri di avvistamento nonché di rafforzamento di castelli marittimi esistenti, con lo scopo di difendere le popolazioni civili dagli attacchi provenienti dal mare e di contrastare l’avanzata dell’Islam nell’Europa cristiana.
A questo piano di rafforzamento delle difese costiere, fu interessata anche la Puglia il cui territorio, per la sua posizione geografica, proteso tra il mar Adriatico ed il mar Ionio, era stato sempre considerato della massima importanza strategica. A partire dal sec.XV, furono eseguiti importanti lavori di adattamento e rafforzamento dei castelli di Otranto, Brindisi, Bari, Trani, Barletta, Manfredonia, Vieste sul mar Adriatico, Gallipoli e Taranto sullo Jonio.
In tale contesto si collocano le vicende relative ai lavori di ampliamento del primitivo nucleo fortificato esistente sull’isola di S.Andrea (una torre), nel porto esterno di Brindisi, di cui abbiamo raccontato nel precedente numero di Alceo. In una prima fase, l’ampliamento consistette nell’aggiunta di un antemurale e la costruzione di due bastioni – uno circolare, detto di S.Filippo, ed uno triangolare – per cui la torre assunse l’aspetto di un castello, denominato poi in modi diversi: castello “alfonsino” o “aragonese” o “rosso”.
Nel corso del sec.XVI, nello spazio vuoto antistante il castello alfonsino si diede inizio alla costruzione di una nuova struttura difensiva – il forte a mare - che doveva fungere da poderoso antemurale a difesa dello stesso castello.
La pianta del nuovo forte, che ricorda quella di un triangolo isoscele, presentava quattro bastioni poligonali, di cui due, i più possenti ed avanzati (detti di Tramontana e Intavolata) erano posti agli angoli estremi di ponente, mentre gli altri due (detti di S.Maria, verso il mare aperto, e di S.Pietro, verso il porto interno) si trovavano più o meno al centro delle lunghe cortine perimetrali di collegamento tra il forte ed il castello.
I lavori per la costruzione del forte durarono, tra vicende alterne, più di 40 anni. Uno degli ultimi fu il taglio trasversale dell’isola a ponente, eseguito nel 1598 per isolare il forte dalla terraferma. Fu creato così un secondo fossato, detto canale vicereale, attraversato da un ponte su pilastri in muratura. Ricordiamo che il primo fossato era quello scavato, al tempo di Alfonso d’Aragona, tra il castello e la restante parte dell’isola. Poi, con la costruzione del forte, esso fu allargato e inglobato nel complesso difensivo mediante due cortine in tufo costruite a perimetro di una darsena interna alla quale si accedeva in barca. Guadagnato l’ingresso allo specchio d’acqua interno tra il castello e il forte, l’accesso a quest’ultimo avveniva attraverso una maestosa porta sormontata dagli stemmi del re di Spagna Filippo II e del conte di Lemos (viceré di Napoli dal 1599 al 1601).
Il piano di rafforzamento delle difese di Brindisi, che interessò pure la cinta muraria della città e il castello di terra (detto anche “castello grande”o “castello svevo”), richiedeva un immane sforzo finanziario, con pesanti ed importanti ripercussioni sul bilancio del regno, per cui non desta meraviglia se città e luoghi fortificati periodicamente furono oggetto di visite ed ispezioni da parte di ingegneri e di architetti militari. Le relazioni di costoro al sovrano sullo stato di avanzamento dei lavori contenevano non solo accurate descrizioni dei luoghi e delle situazioni esistenti ma anche critiche feroci sui lavori in corso, spesso giudicati inutili, dispendiosi o mal eseguiti, ma anche suggerimenti (non sempre accolti!) per possibili cambiamenti.
Se i lavori di rafforzamento delle difese dell’isola di S.Andrea, a Brindisi, si protrassero per così tanto tempo fu perché le risorse finanziarie si rivelarono spesso insufficienti rispetto alle necessità e perché gli errori di valutazione da parte dei progettisti furono numerosi e costrinsero più di qualche volta a dover demolire e rifare i lavori.
Nel 1560 un tale dottor Alfonso Guerrero, dopo aver visitato le fortificazioni di Brindisi, inviò un lungo e circostanziato memoriale al re di Spagna Filippo II, nel quale egli esprimeva l’opinione che il porto della città, pur necessitando di lavori di recupero, aveva le caratteristiche e la posizione più appropriata, dal punto di vista strategico, per divenire una base navale sicura per la flotta regia. Infatti, era sufficientemente ampio da poter ospitare una flotta numerosa, ed era sicuro in quanto protetto da due importanti castelli: il castello “di terra”, costruito sul seno di ponente, mentre sulla vicina isola di S.Andrea il castello “rosso”, con l’adiacente forte a mare, vigilavano e difendevano l’ingresso del porto. Però, ambedue le fortificazioni, così com’erano, presentavano punti deboli che rendevano possibile un attacco alla città. Le notevoli e insostenibili spese che occorrevano per renderle “inespugnabili” potevano essere evitate se la flotta regia avesse avuto in quella città la sua base. Per cui, a parere del il dottor Guerrero, e di persone competenti con le quali egli aveva parlato, il danaro per i lavori di costruzione di un nuovo edificio sull’isola di Brindisi (forte a mare), intrapresi per rendere « inexpugnable el castillo de la isla», erano mal spesi in quanto esso poteva facilmente diventare testa di ponte per la conquista da parte dei Turchi del castello ivi già esistente (il castello alfonsino) e non una sua difesa. Insomma a soli pochi anni di distanza dall’inizio dei lavori di costruzione del forte a mare, qualcuno ne ravvedeva l’inutilità, anzi il danno, al punto da proporne la demolizione
D’altra parte, stando a quanto riferito allo stesso dottor Guerrero da persone “ben informate”, in una stanza segreta del palazzo del “Turco” esisteva una riproduzione delle fortificazioni dell’isola di S.Andrea fatta con tavole di legno colorato che il “Turco”, prima di sedersi alla mensa per pranzare, osservava con attenzione per studiare il modo in cui poterle espugnare. Il trasferimento della flotta regia nel porto di Brindisi, a parere del dottor Guerrero, avrebbe agito da deterrente nei confronti di eventuali attacchi dei Turchi più di ogni ulteriore rafforzamento delle fortificazioni esistenti (Archivio generale di Simancas, Estado Nápoles, legajo 1050/132).
Nel corso dei secc.XVII-XVIII le fortificazioni dell’isola di S.Andrea continuarono a svolgere la loro funzione militare e difensiva, agendo da elementi “dissuasori” nei confronti di incursioni nemiche e solo in qualche circostanza furono protagonisti di episodi di guerra. L’ultimo, e forse il più conosciuto, è quello avvenuto durante il breve periodo della repubblica partenopea, nel 1799. Il forte, che in quel momento ospitava due controrivoluzionari corsi arruolatosi nell’esercito borbonico, Giambattista De Cesari e Giovan Francesco Boccheciampe, fu attaccato ed espugnato da un vascello francese le cui truppe si impadronirono subito della città.
In realtà, le fortificazioni dell’isola di S.Andrea, come la maggior parte di quelle disseminate lungo le coste del dominio spagnolo, non ebbero mai guarnigioni numerose ed armamenti proporzionati ai compiti di difesa loro affidati: vi era in ognuna di esse un nucleo minimo di soldati come guarnigione fissa che in caso di bisogno veniva rinforzato con altre truppe provenienti dalle località più vicine.
Nel secolo XIX, come noto, castelli e fortificazioni costiere persero la loro funzione militare: a Brindisi, il castello “di terra” fu utilizzato come bagno penale, il forte a mare come lazzaretto, il castello alfonsino come sede di un faro.
Nel frattempo, con il completamento della costruzione della diga di Bocche di Puglia nel 1869, l’isola di S.Andrea cessò di essere tale in quanto, proprio tramite la diga, fu unita alla terraferma.
Solo nel 1984 la Marina militare ha consegnato il complesso dell’isola di S.Andrea al Demanio dello Stato che, a sua volta, lo ha affidato al Ministero per i beni e le attività culturali. Con fondi europei per lo sviluppo del turismo è stato realizzato il restauro del forte a mare, mentre la Provincia di Brindisi si è assunta l’onere del recupero del castello alfonsino.
I numerosi lavori di demolizione, ampliamento e rafforzamento effettuati nel corso di quasi due secoli hanno generato, nel complesso, una struttura originale, dall’indefinibile e curioso impianto planimetrico. Per chi in barca si dirige verso la darsena o in nave attraversa il canale d’ingresso al porto, la veduta d’insieme di quest’antico complesso fortificato, si presenta straordinariamente suggestiva, soprattutto al tramonto, quando la luce del sole, riflettendosi sulle pietre in carparo della costruzione, fa assumere all’intera struttura fortificata una caratteristica colorazione rossastra.
Uno spettacolo di incomparabile bellezza è il tramonto del sole osservato dal portale d’ingresso della darsena e la visione serale del castello quando, in quei brevi attimi che precedono il calare delle tenebre, gli ultimi sprazzi di luce creano un’atmosfera quasi magica e di distacco dalla frenetica vita quotidiana, proiettando gli occasionali visitatori in un’altra dimensione.