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I SANTI E IL VINO

12/09/2014
Se si chiede ad un cittadino italiano qualunque, ed anche al momentaneo lettore di queste righe, il nome di un santo in qualche modo legato al vino, nella quasi totalità dei casi la risposta è : “san Martino”, ma questo santo nulla ha avuto a che fare nella sua vita con la bevanda, se non per la rima e per la data autunnale della sua ricorrenza, l'11 di novembre, quando più o meno “ogni mosto diventa vino”. Questi due motivi, forse banali, hanno fatto di lui il più conosciuto tra i santi patroni dei vignaioli, dei produttori di vino, degli osti e dei bevitori.
La rimanente parte degli interrogati, forse risponde, in tempi di massiccia pubblicità televisiva: “san Crispino”.
E, invece, i riferimenti, gli aneddoti, i legami e persino le collusioni tra vino e religioni, sono tanti, da sempre e in ogni cultura, e tutti insieme danno la misura dell'importanza alla quale la bevanda è assurta nei secoli, sempre ritenuta, a seconda del credo e ...della quantità, nettare e veleno, dono divino ed elargizione diabolica, fonte di verità e di menzogna, esaltazione e mortificazione dell'essere umano.
Già nella Genesi si narra di Noè che, dopo il diluvio, diventa coltivatore della terra e primo uomo a piantare la vite, a berne i succhi inebrianti e, inesperto com'è, a ubriacarsi. Ma negli antichi testi vi è anche la condanna senza appello del vino: nell'Apocalisse si legge (14:9-11) «Se uno adora la bestia e la sua immagine..., berrà anch'egli il vino dell'ira di Dio ...”
Nella Grecia antica classica, domina Dioniso, figlio di Zeus e della mortale Semele, dio della vegetazione, che presiedeva alla coltura della vite e al consumo gratificante del vino, ma allo stesso dio erano dedicate anche deliranti cerimonie, note come riti dionisiaci (fig.1 ) nel corso delle quali tutte le trasgressioni erano lecite. Il vino era concepito solo come consumo collettivo, nell'etica della convivialità di una società organizzata in confraternite e consorterie. Il consumo solitario del vino non era concepibile e l'ubriacatura in solitudine ritenuta un affronto alla nobiltà della bevanda.
A questo concetto si ispira Alceo -il grande poeta greco che il nome (chi sa perchè) al periodico che ci ospita-, nel comporre le sue lodi poetiche a Dioniso ed al vino; tanto da darci una ricetta per meglio gustarlo in compagnia, senza incorrere nel rischio di ebrezza non desiderata, e raggiungere quel rapporto di solidarietà, quasi di complicità, certamente di fratellanza, auspicato: a Dioniso non puoi mentire perché Dioniso esige schiettezza:
il vino, oblio dei mali,
diede il figlio di Semele e di Giove
ai mortali. Due parti mescola d'acqua , una di vino; riempi
fino all'orlo il cratere.
Ed una coppa spinga l'altra giù.
In verità, il vino nella Grecia antica e classica era una bevanda preziosa e costosa e il diluirla con acqua tiepida contribuiva a limitarne il consumo. (1)
Nella Roma antica, il mito di Dioniso penetra attraverso la conquista della Magna Grecia e, particolarmente, di Taranto, che da città opulenta e colta del V sec.,con la fine del rigorismo pitagorico di Archita e grazie ad un copioso consumo di vino, si era trasformata in una città del divertimento, in una specie di Parigi della belle èpoche, del III secolo a.C. . Così, il culto di Dioniso si trasformò in Roma nel culto di Bacco e la capitale del mondo istituì i Baccanali (fig.2): feste sfrenate come i riti dionisiaci, ma più frequenti ed un po' più pubbliche, in onore del dio Bacco durante le quali era tollerato ogni eccesso. (2)
Nel Cristianesimo il vino come fonte e simbolo di gioia per l’uomo si inserisce anche nel Nuovo Testamento infatti, il primo segno di Gesù narrato nel Vangelo di Giovanni è legato alle Nozze di Cana (fig.3), in cui Gesù, per mostrare la propria presenza alla gente, trasforma l’acqua in vino e il vino, insieme al pane, nel Cattolicesimo diventa simbolo stesso della presenza di Cristo nell’Eucaristia. Questo insegnamento viene ripreso dagli illustratori di tutti i tempi e grappoli di uva e tralci di vite adornano le immaginette sacre edite per ricorrenze e circostanze, in particolare per la Pasqua, per la prima Messa e per la prima Comunione di bambini(figg.4/9)(3)

Poichè apprezza il vino, da sempre l'uomo ha cercato con il lavoro di assicurarsene una produzione sufficiente e quando si accorse che nulla poteva il suo lavoro contro avversità atmosferiche, cavallette, parassiti e altre calamità, pensò bene di cercarsi un aiuto “soprannaturale”, al quale rivolgersi in caso di bisogno, ieri sacrificando agli dei, oggi supplicando i santi. Infatti la fantasia popolare, aiutata dalla devozione e dalla fantasia del clero, ha cercato e trovato nei santi della Chiesa, quel potere soprannaturale capace di assicurare un buon raccolto e di allontanare i tanti pericoli per le attività agricole di cui sopra, eleggendo un proprio Patrono per ogni esigenza.
Qui di seguito qualche esempio di santi patroni particolarmente legati alla produzione del vino, con le relative immaginette:
San Martino (fig.10)– abbiamo già detto che la Sua santità nulla ha a che fare con vino, uva e vite; riportiamo invece un altro proverbio che conferma l'importanza della rima e del periodo autunnale della festa del santo, nell'attribuzione delle capacità “salvifiche”: “Se vuoi ottenere del buon vino, pota e zappa di san Martino”
San Vincenzo Ferrer - fu uno dei più grandi predicatori della storia della Chiesa e, per questa Sua virtù, una leggenda narra che Dio avesse chiesto al santo -come detto dotato di grande e persuasiva capacità di parola- di dare uno scossone catechistico alle popolazioni del sud-est della Francia, all'epoca poco ligie e ribelli. Il santo, ubbidiente, percorse e ripercorse quel territorio, parlando e riparlando di Dio e della Chiesa, ma anche gustando e rigustando l'ottimo vino che in quella terra si produceva, i cui effetti gli fecero dimenticare ben presto il comando divino con la conseguenza di essere trasformato in statua per punizione. Non so poi, come sia andata a finire, ma di certo vi furono perdono e comprensione perché la bevamda era proprio irresistibile....
Spesso raffigurato con un grappolo d’uva in mano, San Vincenzo viene invocato per la protezione dei campi, delle vigne e dei vignaioli.
San Zeno (fig.11)– grande esperto di viticoltura e vini, dopo la Messa, spesso i coltivatori della zona andavano da lui per avere consigli sulla conduzione della vigna, della vendemmia e sulla cura del vino novello. La sua immagine è spesso riprodotta su etichette di vino DOC del Veneto; mentre uno in particolare, IGT Veneto da uve Merlot e Cabernet, prodotto nella pianura tra Verona e Vicenza, ne porta proprio il nome.
San Barnaba (fig.12) - detto “apostolo” anche se non compreso tra i dodici, fu figura di primo piano nella Chiesa primitiva. Il santo, prima della conversione, si guadagnava da vivere lavorando nel vigneto di sua proprietà che “...avendo un campo lo vendette e ne portò il ricavato agli apostoli” (Luca 4,37). Forse per il suo nome (Barnaba: figlio della consolazione) viene invocato contro i danni della grandine ...ed il malumore che ne deriva.
Sant'Urbano (fig.13)- viene spesso rappresentato con un grappolo d’uva in mano ed è invocato per una buona vendemmia. E’ protettore dei bottai.
San Venceslao (fig.14)– duca, patrono e martire di Boemia, proprietario di vigneti e produttore di vino, pare che preparasse da se le ostie ed il vino per la santa Messa alla quale assisteva quotidianamente. E' il protettore dei pigiatori d’uva e dei produttori di vino.
San Teodulo (Teodoro) (fig.15) Vescovo di Sion, capoluogo svizzero nei pressi delle Alpi, di cui mancano purtroppo notizie precise sulla sua vita. Sono note, invece, due leggende a proposito di un Teodoro, forse non realmente inerenti al vescovo in questione, ma comunque assai popolari e degne di essere menzionate. Secondo la prima, Teodoro si sarebbe recato un giorno a Roma ed avrebbe ricevuto dal papa una campana, in segno di riconoscenza per le preghiere del santo vescovo che gli avevo impedito di commettere un grande peccato. Dinnanzi all’evidente difficoltà di trasportare tale campana a Sion, Teodoro avrebbe ordinato al diavolo, in nome di Dio, di occuparsi del trasporto e così avvenne. La cosiddetta “campana beati Theoduli” suonava ancora contro le intemperie attorno al 1335.
La seconda leggenda racconta invece che dei viticultori si recarono piangenti da Teodulo perché, dopo una cattiva annata, la vendemmia aveva reso pressoché niente. Il santo si ritirò allora in preghiera e subito dopo ordinò di portargli dei barili vuoti ed i pochi grappoli che si erano potuti raccogliere. Teodoro, presa quest’uva tra le mani, spremendola riempì tutti i recipienti del miglior vino mai gustato dai presenti.

Nb
1 immagine sarà la copertina della rivista
1) Nandino Dimitri, Del furore bacchico, 1990 Barbieri editore S.r.l. Manduria
2) Maria Grazia Reami Ottolini, i fiori dei santini, 2012 Barbieri editore S.r.l. Manduria
barb 110, 310